La fashion blogger Chiara Ferragni ha uno dei migliori curriculum della Milano Fashion Week: ambasciatrice Amazon Fashion Europa, Global Ambassador Pantene, volto di Yves Saint Laurent beauty, investimento marketing di (quasi) tutti i brands di moda e ospite d’onore delle prime file dei fashion shows da New York a Parigi. #TheBlondeSaladGoesHere e #TheBlondeSaladGoesThere: si tratta del miglior esempio italiano di generatrice di feed (in gergo social “un flusso di dati usato per fornire una serie di contenuti aggiornati periodicamente”). Chiara Ferragni è il Made in Italy che, in questo caso, si può dire abbia codificato il mestiere della fashion blogger/influencer per poi portare il mestiere da Badoo alla ribalta sulle scene internazionali.
Blogger di moda sempre più internazionale ma dotata di diverse declinazioni su scala nazionale o regionale dei suoi post (vedi articolo fashion blogger: il lavoro che paga) tenendo in considerazioni in maniera molto sofisticata barriere linguistiche, gusti e culture – il sito con l’opzione lingua Italiana è rimasto simbolico ricordo nostalgico di un passato ormai lontano. L’attività di The Blonde Salad e TBS Crew è ormai diversificata non più monotematica: sotto il cappello ci sono la gestione delle attività di blogging di Chiara Ferragni, della sorella piccola Valentina Ferragni (che si sta lanciando nel settore blogging con discreto successo) e del Chiara Ferragni Collection, collezione di accessori moda lanciata da Chiara nel 2013 (vedi e-shop).
Un business e un piccolo impero basato sulla tirannia del feed: la capacità che una blogger, in questo caso la Ferragni, ha di generare visualizzazioni e brand awareness tramite i suoi post. Harvard Business Review ha scritto uno dei suoi famosi Case Studies su Chiara e il suo socio Riccardo Pozzoli. Il business non è più limitato al mondo fashion: quasi ogni categoria merceologica, tipologia di esperienza o branding partnership di livello medio-alto ha mostrato di potersi accostare con successo alla variegata platea di followers della blogger italiana residente a Los Angeles.
Rischio brand dilution? La cosa non sembra preoccupare come testimonia la recente partnership con AmazonFashionEu: un’endorsement che di sicuro ha pagato in termini economici ma rischia un’effetto boomerang se si pensa al brand mix moda offerto dal retailer online generalista per eccellenza. Parliamoci chiaro: i pezzi da passerella indossati nei post e recensiti per Vanity Fair non sono neanche lontanamente vicini al catalogo e alla clientela di Amazon (almeno per il momento). Parlare al consumatore Amazon e al consumatore Net-a-Porter con la stessa linea stilistico-editoriale può far sorgere alcuni dubbi e perplessità ma la cosa non sembra al momento creare disturbi alla brand awareness di Chiara che è nel pieno del suo tour: le sfilate e feste della Milano Fashion Week FW16 e la cena #InstaVogueDinner organizzata da Vogue per celebrare gli influencers moda di Instagram.
Dall’alto di 5,5m di followers su Instagram e post che ricevono dalle 80k alle 200k visualizzazioni per i brands l’investimento marketing digitale su Chiara Ferragni sembra funzionare.