In questo momento difficile e unico per l’Italia e il mondo, l’e-commerce si rivela una risorsa contro il coronavirus: mezzo capace di sopperire alle necessità di approvvigionamento a distanza di prodotti ma con enormi problemi e limiti gestionali. “Il commercio è vita” dicono in tanti e ci sentiamo di condivere il pensiero come Professional-Luxury.com.
Grazie alle sue grandi potenzialità distributive, l’e-commerce si colloca in queste circostanze particolari come il canale di vendita privilegiato e (talvolta) unico, ne derivano quindi importanti responsabilità legali, etiche e operative in capo ai principali operatori. Il modello marketplace si trova stretto tra prezzi e servizio.
Notizie di sequestri di beni sanitari e presidi di protezione non-medici -disinfettanti, Amuchina, guanti e mascherine – sono all’ordine del giorno e l’online ha fatto da cassa di risonanza per truffe e truffatori, con l’opinione pubblica indignata contro i giganti del web. La cosa però che ha lasciato più interdetti i consumatori e le Autorità è il comportamento dei marketplaces (Amazon, Ebay AliExpress, etc ) con i venditori 3P.
Approfittare della domanda di beni e servizi essenziali per alzare i prezzi oltre ogni limite etico e normativo- in inglese “price gauging” – risulta un problema di difficile gestione per i titolari dei marketplaces. Si moltiplicano istruttorie contro Amazon Italia, Ebay Italia e operatori online da parte dell’Autorità per la Concorrenza e gli esposti del Codacons per via dei prezzi praticati per mascherine e disinfettanti legati all’epidemia di Covid-19 (vedi articolo).
Nella quasi totalità dei casi segnalati, le vendite e gli annunci contestati sono ad opera di venditori marketplace, venditori indipendenti 3P che sfruttano le piattaforme di vendita gestite da altri come vetrina. Nel 2018 per Amazon, le vendite di seller 3P hanno costituito circa il 58% dei volumi di vendita (vedi articolo modalità di vendita su Amazon e marketplaces). Formalmente, i gestori dei portali hanno responsabilità limitata su annunci e prezzi di vendita praticati perchè il venditore è libero di caricare le sue offerte in maniera indipendente (vedi regolamento Amazon Italia in materia di pricing -fonte Amazon).
Come dichiarato dal Presidente del Codacons Carlo Rienzi il 28 Febbraio 2020, “Da un primo monitoraggio del Codacons sui principali portali di e-commerce emerge come i prezzi di alcuni prodotti legati all’emergenza Coronavirus raggiungano livelli astronomici. Ad esempio il classico gel igienizzate dell’Amuchina da 80 ml, che normalmente si trova in commercio a circa 3 euro, viene oggi venduto sul web a 22,5 euro la confezione, con un ricarico sul prezzo al pubblico del +650%. Ancora peggio per le mascherine protettive da viso, che prima del coronavirus erano vendute a meno di 10 centesimi di euro l’una, e oggi arrivano a costare su internet 1,8 euro, con un incremento di prezzo del +1700%”. (fonte Business Insider).
Ricordiamoci che garantire l’approvvigionamento di prodotti non-food, beni non essenziali, a supporto del consumatore bloccato in casa per le disposizione diventa anche un servizio per la collettività, possibile soprattutto grazie all’e-commerce. Molti accusano i player che sono dotati di infrastruttura e-commerce o omni-channel, Amazon in primis, di avvantagiarsi della situazione. Vista la posizione predominante nell’online retail in Italia, il retailer di Seattle è accusato di abusare di un vantaggio competitivo per acquistare quote di mercato e accrescere il proprio business in un contesto in cui il retail offline delle stesse categorie merceologiche risulta bloccato.
Vantaggio competitivo o no, i negozi tradizionali sono chiusi e i super/ipermercati ricevono sanzioni se i reparti non-food rimangono aperti, mentre gli e-tailers restano accessibili e acquisiscono quote di mercato. Forse la pandemia di Coronavirus ha semplicemente fatto da cartina di tornasole per alcuni fenomeni. I nuovi problemi sorti con i web e il commercio elettronico, se lasciati ad un quadro normativo obsoleto e non adeguato a gestire dinamiche di mercato sempre più fluide, come il consumatore nelle sue abitudini di acquisto, mostrano limiti normativi.
Un primo esempio di normativa in cui le regole attuali sono fallaci e inadeguate alle dinamiche e-commerce è il prezzo di vendita suggerito al pubblico dai produttori ai distributori. In tempi eccezionali, come quelli attuali della pandemia da Coronavirus, i prezzi di vendita liberi, senza limiti al rialzo e al ribasso, possono causare problemi di gestione per i beni che sono al limite della definizione di prima cessità, ad esempio le mascherine protettive. Con l’emergere delle vendite a distanza online il fenomeno del price gauging è semplicemente esploso con le conseguenze che stiamo vedendo.
I regolatori e legislatori Europei dovrebbero ripensare le politiche di disciplina del libero mercato e concorrenza ( e.g. prezzi praticati al pubblico per certe categorie merceologiche, scontistica promozionale, regolamentazine saldi), che sia in casi di emergenza sia in casi normali si mostrano sempre più inadeguate alle dinamiche e-commerce.
Di seguito analisi di JungleScout per New York Times sulle politiche di prezzo di alcuni prodotti nel periodo 29 febbraio -7 marzo negli Stati Uniti, in concomitanza con l’aumento di ricerche online a seguito delle ultime notizie sull’arrivo delle pandemie. Il fenomeno Italiano si sta replicando all’estero.